Umberto Eco

La comunicazione social e Umberto Eco: roba da imbecilli?

Imbecilli e mass media

Umberto Eco, ha detto, senza molte perifrasi, che la comunicazione social promuove gli imbecilli.

Possiamo trovare ovunque la sua testimonianza registrata e possiamo trovare commenti, intelligenti e per lo più critici, oltre a una valanga di commenti imbecilli sui social.

È chiaro che Eco se l’è cercata e della sua lectio magistralis per la laurea honoris causa presso la stessa università in cui si era laureato in Filosofia, nessuno saprà mai nulla, resterà solo la frase sugli imbecilli. Potenza dei mass media, che quanto a valorizzazione dell’imbecillità umana si difendono benissimo.

Ma a noi interessa ovviamente capire se Umberto Eco afferma che i social, in quanto media, siano stupidi. Non sappiamo tutte le cose che sa Eco, ma che il medium è il messaggio lo abbiamo capito già da tempo e quindi il problema non è sapere se su Twitter e Facebook trovino spazio anche gli imbecilli (sono la maggioranza dell’umanità e quindi inevitabilmente parlano di più), ma se il media, in quanto tale, favorisca l’imbecillità.

La televisione, ci spiegò Eco ha il difetto grandissimo di essere gratuita e quindi ci induce in un atteggiamento di poca selezione, di scarsa difesa, e quindi produce stupidità per sua natura. È il medium che, anche se fa cose molto intelligenti, finisce per essere produttore di semplificazioni, di banalizzazioni, di pensiero greve, e quindi è stupido. Il premio Nobel in televisione, molto spesso appare stupido come i suoi interlocutori. Detto tra noi markettari, è un medium di massa e favorisce un marketing semplificatorio, per target ampi e indifferenziati.

Internet e i social

Internet invece non è né stupido né intelligente, perché non è un media, ma un ambiente, in cui convive di tutto, in cui agiscono tutti i media. È ovvio che la comunicazione in Internet ha caratteristiche particolari, che influenzano i media, e Manuel Castells – il più grande sociologo che studia Internet e che ha parlato di Internet come “ambiente” – ce li elenca: integrazione, interattività, ipermedialità, interazione e immersione. Tutti i new media che convivono e interagiscono in questo ambiente hanno queste caratteristiche che li rendono potenzialmente più intelligenti, perché insieme producono una intelligenza collettiva di straordinaria qualità. Avere a disposizione il parere di tutti, i premi Nobel e gli imbecilli, accessibile gratuitamente e con forme straordinarie di comunicazione (l’interazione, l’immersione), può produrre effettivamente consapevolezza ricca e nuova del mondo.

Non tutti i new media hanno però le stesse caratteristiche, e il problema sollevato da Eco riguarda specificamente i social. E qui, anche se da lui è lecito attendersi una finezza di ragionamento maggiore: forse Umberto Eco ha ragione, i social sono imbecilli, anche se ci scrive il premio Nobel. La comunicazione sui social (e non è così ad esempio nei siti o sui blog) favorisce la semplificazione, ma anche la polemica banalizzante, l’insulto, il falso. Per chi fa marketing è una manna: le opinioni della maggioranza (di imbecilli) sono alla portata di tutti e grazie a big data, intuito e fortuna posso arrivare a profilare tutto e tutti. Ma il marketing, si sa, non rincorre le cose più intelligenti.

Il punto, secondo me, è che i social sono un ottimo luogo in cui dar spazio alla propria imbecillità. La chiacchiera inutile, lo sfottò tra tifosi, l’insulto politico, sono attività che tutti pratichiamo, e, francamente, non ho nessuna voglia di frequentare gente che non dà spazio alla sua stupidità. Non è vero che al bar l’imbecille viene messo a tacere, al bar siamo tutti, sanamente, imbecilli. E così sui social, che servono a dare sfogo al diritto al gossip, alla chiacchiera inutile, alla vanità fine a se stessa (quanta imbecillità nelle citazioni intelligenti che circolano nei post delle persone più improbabili). Quindi, viva la stupidità, e viva chi la sa praticare. Poi sulla rete o meno, ognuno deve anche imparare a frequentare luoghi più intelligenti e media più profondi. Ma,l a prego, professo Eco, dia ascolto anche lei alla stupidità che le sfiora, ogni tanto, la fronte.